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Aborto: si scrive obiezione di coscienza, si legge mancanza di coraggio
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Aborto: si scrive obiezione di coscienza, si legge mancanza di coraggio

Nonostante la legge 194/78 l’aborto in Italia resta un tabù. Ma non è l’interruzione di gravidanza in sé, è la paura di uscire da una mentalità ristretta a fare la differenza.

Il 7 giugno, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, la dottoressa Elisabetta Caninato ricorderà la storia di Valentina Milluzzo morta anni fa, incinta di due gemelli e giunta al quinto mese di gravidanza. Una setticemia aveva già ucciso uno dei due feti e non hanno voluto farla abortire.

(Immagine: Vita di Donna)

Ma non può essere stata soltanto obiezione di coscienza: a meno che, una delle sue definizioni, non sia “lasciare morire una donna”.

Leggi e rispetto

La legge c’è, è la 194/78, è entrata in vigore 44 anni fa. Come ogni altra legge è perfettibile, ma dovrebbe essere un punto di riferimento e non è così. In Italia, riporta ilPost, ci sono almeno 31 strutture in cui la percentuale di obiettori di coscienza è totale (il 100%).

E non se ne sa molto di più: nel presentare il libro “Mai dati”, Chiara Lalli e Sonia Montegiove, hanno sottolineato anche che si contano altre 50 strutture con un tasso di obiettori che supera il 90% e altre 80 strutture in cui l’obiezione di coscienza ha la meglio sull’80% dei medici.

L’ultima Relazione del ministero della Salute, presentata al parlamento lo scorso anno, si riferisce ai dati definitivi relativi al 2019, Lalli e Montegiove hanno avuto difficoltà a reperire i dati e l’Associazione Luca Coscioni ha scritto ai ministri Speranza e Cartabia chiedendo subito i dati aperti. Certo, aspettiamo fiduciosi.

In Molise, scrive Repubblica, l’unico obiettore è andato in pensione in ritardo, perché la sua coscienza gli ha imposto di rimanere al suo posto il più a lungo possibile per fare in modo che la legge 194 trovasse soddisfazione. Si chiama Michele Mariano e ha lanciato una stoccata pesante all’obiezione di coscienza, al sistema che la sorregge e al clima in cui questa dovrebbe attecchire: “La chiusura mentale l’ho trovata nei colleghi e in certa categoria di personale: alcuni, pur di avere un posto di lavoro, hanno in un primo momento dichiarato di essere non obiettori, salvo poi ritrattare in un secondo momento. Trovo questa una grave scorrettezza morale e, a mio avviso, queste persone andrebbero licenziate. Anche io avrei potuto comportarmi così e magari tenermi il posto da primario, ma non l’ho fatto”.

Il non rispetto della legge 194 diventa immediatamente assenza di rispetto per le donne, oltre che illegalità a ben vedere. Possiamo limitarci a pensare che l’aborto in Italia rimanga un tabù per via delle pressioni esercitate dalla Chiesa, oppure possiamo convincerci che, per la matrice patriarcale della mentalità italiana, la donna non abbia il diritto di assumere decisioni proprie e che debba rimanere nei ruoli sociali che la società le ha disegnato nel corso dei decenni. Questa visione però riaprirebbe il libro della lotta per la parità alle pagine peggiori della storia dal punto di vista intellettuale e di contenuti.

La discriminante non è l’obiezione di coscienza (i cui confini sono tanto elastici), ma è tutta riassunta nelle ultime parole del dottor Michele Mariano: “Anche io avrei potuto comportarmi così e magari tenermi il posto da primario, ma non l’ho fatto”.

Parlano di etica ma una cosa è la morale, altra è l’etica

Quello che manca è il coraggio. Chi sceglie di praticare le interruzioni di gravidanza sa che potrebbe essere chiamato a pagare un prezzo personale e questo, da solo, riesce a fare precipitare gli ideali in posizioni infime della propria persona.

Ci vuole coraggio anche per essere onesti e chiamare le cose con il loro nome: l’obiezione di coscienza è mancanza di coraggio ed è una violenza.

Abbandonare un essere umano a sé stesso, senza l’aiuto di chi dovrebbe prodigarsi, in base a professioni che ha scelto liberamente, non è obiezione di coscienza è assenza di coraggio o, se vogliamo dirla tutta, è vigliaccheria.

Non siete sole

Sentirsi sole e spaventate è soltanto l’atto finale di un percorso che vieta diritti sanciti.

Potete rivolgervi, ad esempio, all’Associazione Vita di Donna

Qui una mappa della Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga194) – al di là dell’aggiornamento dati – sicuramente utile per capire, a seconda di dove vi trovate o di dove ‘preferite emigrare’, a quali ospedali potete rivolgervi.

Sul sito della Casa Internazionale delle Donne, un elenco più generico di Associazioni utili.

#innomeditutte

(Foto di copertina: Gayatri Malhotra/unsplash)