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Dante era di destra e parlava del Duce (e antani come se fosse antani)
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Amicimiei-Tognazzi

Dante era di destra e parlava del Duce (e antani come se fosse antani)

Secondo il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Dante è stato il padre del pensiero delle destre. La notizia, ripresa da tutti i media, può esaurirsi qui. Il fatto che le idee stesse di Destra e di Sinistra siano successive alla Rivoluzione francese (quindi alla fine del 1700) – cosa questa usata dai detrattori dell’uscita del ministro – è del tutto ininfluente.

Ognuno può prendere un qualsiasi testo e interpretarlo come meglio crede, anche con concetti strampalati infilati con forza in contenitori concettuali nei quali proprio non hanno modo di entrare.

Il fatto che ad associare la pochezza del pensiero delle destre attuali alla genialità di Dante sia un ministro è soltanto segno dei tempi che corrono. Neppure questo è interessante e Sangiuliano è in buona compagnia di chi crede che le zucchine siano pesci, che il Gran Sasso e il Cern siano collegati da un tunnel o che l’Eni sia un tassello vitale per i servizi segreti italiani. Non si tratta di stilare una classifica (peraltro soggettiva) dell’idiozia più grossa. Resta il fatto che intrappolare Dante Alighieri in una suddivisione politica significa non avere capito nulla della libertà.

E questo è l’aspetto rivelatore, perché a dirlo è un ministro, ruolo importante che ha scelto di ricoprire spontaneamente, con un passato nelle destre che, di libertà, sanno poco e male. Non è un caso che durante il Ventennio circolava la teoria secondo la quale, nel primo Canto dell’Inferno, Dante avesse annunciato l’arrivo di Mussolini, eroe deputato a salvare l’Italia (!).

Fermi un attimo: nelle scuole si osanna forse un destraiolo purosangue che inneggia ai totalitarismi? Basterebbe farsi questa domanda prima di aprire la bocca per dire un’enormità ma, per dare un senso al pensiero del ministro, si può sostenere che sia più saggio concentrarsi su chi dice qualcosa e non su quello che dice.

Il pensiero di Dante

Dante era un eretico, un visionario, un teoreta della laicità. Un uomo di cultura sovrastante, che aveva letto i classici ma anche la letteratura che per secoli è rimasta in ombra, come quella mistica ebraica sulla quale si erige gran parte della Divina Commedia.

Ci sono anche riferimenti all’Islam, con Saladino, Avicenna e Averroè che Dante ha confinato in un castello nel Limbo.

Dante parla di Dionigi l’Areopagita, autore di diversi papelli nei quali indicava una visione gerarchica delle cose, cristallizzata con il posizionamento delle schiere angeliche nelle Sefiroth dell’Albero della Vita. Se di religioni o filosofie si può parlare, Dante ne tocca e ne attraversa una moltitudine. Basterebbe questo a capire che la destra e Dante (per quanto non siano contemporanei) sono lontani anni luce.

L’idea di Paradiso e Inferno

Chi non si è limitato a leggere in modo meccanico la Divina Commedia, ha certamente notato che Paolo e Francesca – amanti esasperati e a tratti dolcissimi – sono confinati all’Inferno mentre Cunizza da Romano, donna a cui sono stati associati molti amori, amanti e tradimenti, è felice in Paradiso.

Un’idea che sta alla base della mistica ebraica, la Kabbalah è piena di messaggi eretti attorno al costrutto secondo il quale è la passione e non il peccato a inchiodare l’uomo (pensiero che si ritrova peraltro in molte delle filosofie orientali). Paolo e Francesca sono giudicati lussuriosi, carnali, incapaci di fare uno a meno dell’altra, insolenti nel non resistere al desiderio. Dante, invece, fa dire a Cunizza da Romano che: “ma lietamente a me medesma indulgo la cagion di mia sorte, e non mi noia” (perdono e non mi addoloro). La donna, pure consapevole di essere andata contro il costume del suo tempo, “lietamente” si perdona e perdona, non prova né dolore né risentimento. Ha lasciato andare, è andata oltre, niente le attanaglia il fegato e nulla la zavorra verso il basso. Non esattamente un’idea di destra, insomma.

Ridurre Dante a padre di un’ideologia significa non avere capito perché si è al mondo.

Infine…

Il ministro Sangiuliano ha cercato di rimediare sostenendo di avere voluto provocare e, come spesso accade quando si cerca di fare dietro-front, è riuscito a dire una castroneria ancora più grande: “L’analisi di un pensiero così denso e profondo come quello del Sommo Poeta, a cui i dantisti hanno dedicato anni di studi, non può esaurirsi nello spazio di uno scritto e tantomeno di una battuta. E nessuno pensa, sottoscritto compreso, che la sua opera e le sue idee possano essere trasposte, sic et simpliciter, al mondo contemporaneo. Ma se la provocazione che ho fatto è servita a far riprendere a qualcuno in mano i libri di Dante Alighieri, posto che lo abbiano mai fatto, è già un buon risultato”.

Ecco. “Posto che lo abbiano mai fatto” qualifica il ministro (della Cultura) Sangiuliano, ministro, non studente, non apprendista, ma ministro: prendere in mano un libro senza capirne il senso accusando gli altri di non averlo mai letto. Lo si può fare, certo. Ma il risultato è quello di fare magre figure che vanno oltre la politica, oltre la logica e oltre la decenza. La peggiore delle ipotesi? Diventare ministro della Cultura, essere sovranisti senza pudore, e pretendere che anche il genio (nato per essere libero) possa essere soggiogato alle ideologie.

Orsù, questa è passata, continuiamo a parlare del ponte sullo Stretto, “numeri che fanno girare la testa”.

 

Immagine di copertina: fotogramma di Amici miei (1975) di Mario Monicelli @Wikipedia.

 

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