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La coscienza in cortocirCutro
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Giorgia Meloni, Matteo Salvini

La coscienza in cortocirCutro

Il comportamento del signor presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dei suoi pari induce a chiedersi cosa sia davvero la coscienza.

Il numero delle vittime della tragedia di Cutro sale, mentre scrivo sono 79, ieri sera erano 75. Ci sono due notizie a rimbalzare storte. La prima è che il vicepresidente del Consiglio dei ministri, nonché ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché segretario federale leghista, Matteo Salvini ha compiuto 50 anni, tanti quanti il mio vicino di casa che però non ha fatto il karaoke. Domanda senza risposta: la notizia, in questo caso, è che Salvini ha compiuto 50 anni o che li ha festeggiati nel peggiore dei modi?

La seconda notizia è che per festeggiare il mezzo secolo di vita, ha duettato con il premier Giorgia Meloni, regalando a chiunque un’interpretazione de “La canzone di Marinella”, scritta nel 1962 da Fabrizio De Andrè, apparentemente ispirato dalla storia di una prostituta scaraventata in un fiume e morta annegata.

Possiamo anche parlare della scelta del brano cantato, facilmente perfettibile, proprio nei giorni in cui il governo si è dimostrato del tutto assente, e incosciente laddove decine di esseri viventi sono affogati. Ma è una banalità, perché il governo è stato sensibile e molto alle proprie esigenze e alla propria tendenza al disprezzo.

Parliamo, invece, della profonda assenza di coscienza da cui deriva la sciatteria di questo governo.

Un problema di coscienza

Il neurologo e neuroscienziato Antonio Damasio scrive, nel libro Lo strano ordine delle cose (Adelphi), che la coscienza nasce prima di ogni altra cosa dalla soggettività. Per esempio, dal non sentire la necessità di festeggiare i propri 50 anni con il karaoke oppure dalla capacità di scegliere canzoni più appropriate.

La coscienza, spiega Damasio, è un processo che nasce dalla soggettività e si fonda poi su due aspetti di rilievo: l’elaborazione di una prospettiva propria per le immagini mentali e l’accompagnamento di queste da parte dei sentimenti. Questa è la coscienza. Niente di più, niente di meno.

Ciò significa che, quando la soggettività scompare – ovvero quando le immagini mentali non sono più proprie ma diventano popolarmente condivise senza sentirle e senza viverle in prima persona – la coscienza smette di funzionare.

Se le immagini di migliaia di migranti, non c’è solo la strage di Cutro, di milioni di persone ai margini della vita sociale, civile e politica (pensionati, percettori del Reddito di cittadinanza, invalidi, …) diventano argomento di discussione da bar al riparo da ogni parere soggettivo sacrificato in nome della territorialità e della bandiera, allora tutto ciò che ne consegue non ha nulla a che vedere con la coscienza.

La coscienza non è un oggetto, non è una merce da esporre in vetrina o da conservare in magazzino: non c’è un eccesso di coscienza ma può esserci la totale assenza di coscienza.

Da qui il karaoke, l’incapacità di provare compassione e dispiacere per le vittime di Cutro, per i migranti che scappano mettendo a rischio la propria vita, per quei pensionati che hanno contribuito a fare crescere il Paese e che ora si trovano in mano nulla, per chi soffre, per i malati o per gli inoccupabili.

Questione di coscienza: se questi sono i doni di coscienza di “una donna-madre-cristiana” e la votiamo, allora il problema di coscienza è nostro, e lei ne trae tutti i benefici.

PS: A quei ben pensanti che ancora insistono nel dire che i migranti amano le difficoltà perché altrimenti, al posto dei barconi, potrebbero prendere l’aereo, chiedo un piccolo sforzo concettuale: dall’alto del loro sapere illuminato e della loro specchiata intelligenza trovino, in tutta la letteratura cristiana, traccia degli insegnamenti religiosi nei quali si professa il lasciare morire il prossimo, festeggiandone la dipartita con feste di compleanno durante le quali li si schernisce.


Immagine di copertina: Giorgia Meloni, Matteo Salvini, video: La Repubblica.