Loader
Ratko Mladić condannato all’ergastolo
4897
post-template-default,single,single-post,postid-4897,single-format-standard,bridge-core-3.0.1,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,transparent_content,qode-theme-ver-28.6,qode-theme-bridge,disabled_footer_bottom,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.7.0,vc_responsive
Aia, Olanda, Giuditta Mosca, Il Sole 24 Ore, giornalista professionista Giuditta Mosca, data journalism, giornalista, press-IT, serietà, assistenza informatica Roma

Ratko Mladić condannato all’ergastolo

Chi perpetra simili crimini non sfuggirà alla giustizia” . Con queste parole il presidente della Corte Aphons Orie ha lanciato un avvertimento, dopo avere letto la sentenza di condanna all’ergastolo inflitta a Ratko Mladić dal tribunale internazionale delle Nazioni unite dell’Aja (Olanda) riconosciuto colpevole di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

Durante la lettura della sentenza il macellaio di Srebrenica urlava e insultava i giudici, motivo per il quale è stato allontanato dall’aula. L’ex comandante militare dei serbi di Bosnia è stato riconosciuto colpevole di 10 delle 11 imputazioni tra le quali, è stato riconosciuto come responsabile del massacro di Srebrenica (genocidio), oltre a essergli stato riconosciuto un ruolo chiave nella pulizia etnica ai danni della popolazione non serba della Bosnia. A ciò si sono aggiunte responsabilità in stupri di massa, stermini e un ruolo chiave nei bombardamenti contro Sarajevo.

Le interpretazioni
Per i serbi bosniaci il generale è un eroe, per i bosniaci musulmani è un mostro. Il rappresentante dei diritti umani delle Nazioni unite Zeid Raad al-Hussein ha detto: “Mladić è l’incarnazione del male ma non è sfuggito alla giustizia” . Queste visioni antitetiche rappresentano bene le profonde differenze culturali e ideologiche che ancora oggi dividono l’ex Jugoslavia.

Srebrenica
L’11 luglio del 1995 le truppe di Mladić hanno fatto irruzione a Srebrenica, zona protetta da schieramenti olandesi delle Nazioni unite. I dati ufficiali parlano di 8.372 vittime, molte delle quali gettate in fosse comuni e la cui identificazione è stata conclusa solo durante l’estate del 2015.